Remare insieme, remare meglio

Medaglia d’oro mondiale, oggi team builder Edoardo Verzotti startupper con Livio La Padula. “La lezione dello sport migliora le dinamiche di gruppo”

Remare insieme, remare dalla stessa parte. Quello che si raccomanda spesso in azienda, Edoardo Verzotti, 35 anni, una laurea in psicologia dello sviluppo cognitivo, l’ha fatto nel suo prestigioso cammino sportivo. E ora proprio nelle imprese lo mette in campo, anzi in acqua. Con Rowinteam, società fondata con un altro campione, Livio La Padula.

Lei e La Padula campioni del mondo di canottaggio e ora imprenditori: com’è nata questa startup?

Da un’idea comune. Io ormai da dieci anni ho smesso di fare agonismo, ho mantenuto anche il lavoro che facevo prima, nelle vendite. Dopo le Olimpiadi di Rio mi sono trovato con La Padula, anche lui aveva appena smesso… E il settembre scorso abbiamo deciso di attivare la Rowinteam, poi nata a tutti gli effetti nel febbraio 2018. Già avevamo cominciato a tararci sul team building con gli amici. Ricevendo feedback positivi e negativi.

I secondi sono anche più preziosi?

Certo. Incoraggiavamo gli amici: diteci le cose negative, che quelle belle le vediamo da soli! Il tutto ha avuto un interessante sviluppo. Ho fatto anche da speaker nelle aziende, ad esempio con un intervento di due ore in una società di abbigliamento sportivo. Trattando delle dinamiche come opportunità di fronte al cambiamento, dalla resilienza alla motivazione, o sull’importanza di seguire gli ordini di scuderia. In quel caso, era la rete vendita che andava spronata su come continuare nel cambiamento in atto. Costruiamo una scaletta apposta, con contenuti mirati. Vorrei che chi partecipa se ne andasse con qualcosa di utile, a livello personale e per il gruppo di lavoro.

Altre esperienze particolari che avete vissuto in questo impegno?

Con la Camera di commercio per la Giornata dell’innovazione abbiamo messo in acqua i giovani per capire come va interiorizzato il lavoro di squadra.

Lo sport di squadra è maestro nel team building. Il canottaggio anche con una marcia in più?

A me piace osservare come il canottaggio sia estremamente individuale.

Come mai?

Anche se sei inserito nella squadra, tu sei te stesso. Poi certo, ti metti a disposizione della squadra. E sport di squadra diventa a tutti gli effetti. Noi con il team building puntiamo su tre livelli, portando l’esperienza della nazionale, che si confronta con le altre barche. Per chi ha più difficoltà, il gruppo fa da traino. Se tutti migliorano e tu no, ti fai delle domande e fai di tutto per alzare il tuo livello. Un gioco al rialzo. Non accetta scuse, il canottaggio.

Perché? Qual è la differenza su questo fronte rispetto ad altri sport, da trasparlare poi metaforicamente in azienda?

Non c’è arbitro che tenga o altro che si sente, ad esempio, nel calcio. Non si improvvisa, non c’è la speranza che qualcuno più talentuoso di altri risolva la situazione. Dobbiamo amalgamarci, soprattutto nella barca a otto.

Lo visualizziamo in azienda, come fate voi?

Importante è il gruppo, che deve alzare il livello di chi sta più indietro. Il cinquantenne può far fatica sulla tecnologia, io stesso vi faccio a botte rispetto al giovane nativo digitale. In quest’ottica l’esperienza di un cinquantenne può però far comodo in altri ambiti: bisogna innalzare il livello.

Quindi entriamo nel terreno delle soft skill, delle competenze relazionali?

Sì, ma attenzione. Credo sia superfluo dire: bisognerebbe tornare a salutare. Quella è educazione, mica soft skill. Caso mai, fare lavoro di gruppo, relazioni all’interno delle aziende strutturate a medio lungo termine. La vera relazione è capire il valore di far crescere, aiutarsi, collaborare in modo concreto e tangibile. Il leader peggiore è chi tiene le informazioni e non le passa: proprio passare il proprio sapere agli altri è importante. Delegare.

Invece, sul posto di lavoro ciò fa ancora paura?

Sì. Ma se riesco a delegare in modo positivo, ho meno lavoro da fare.

E lo faccio anche meglio, in questa maniera?

Infatti. Mi fido poi di un’altra persona. Ecco, interna di team building… se non procedi insieme in barca, ti becchi il remo nella schiena.

Qual è il vostro sogno, in questa fase della vita professionale?

Essere riconosciuti. Non avere premi, bensì feedback sul lavoro che facciamo. Essere utili, insomma. E abbiamo feedback, sa? Si creano anche buoni rapporti, di amicizia e affetto. Poi l’agenda piena… Con ogni persona trasmettiamo la nostra passione e ci rendiamo utili con ciò che abbiamo imparato nello sport. Noi usiamo le barche che abbiamo utilizzato per le Olimpiadi, nella nostra azione. E puntiamo su tre competenze basilari: collaborazione, comunicazione, fiducia.Abbiamo cominciato qui, ma ci chiamano anche altrove, ad esempio per fare eventi a Roma abbiamo dei contatti.

La Provincia di Como

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