Intervista a Leonardo Massa – Valorizzare il talento

Leonardo Massa, Country Manager Italia di MSC Crociere, è un vulcano. Un fiume in piena quando si parla di Sport in relazione soprattutto al mondo del lavoro.

Questo perché, fondamentalmente, non sopporta lo spreco del talento. Lo spreco di quelle risorse che, aiutate nel potersi esprimere la meglio, potrebbero raggiungere i più grandi traguardi.

Il suo, con lo Sport, è un legame molto forte e solido.

Il suo passato di atleta di alto livello lo ha forgiato, come i migliori coltelli professionali, ad una carriera lavorativa di assoluto successo.

E quando può, restituisce il favore, come in occasione delle Universiadi dello scorso anno. 

Napoli può vincere giocando di squadra”.

Questa sua affermazione in relazione all’organizzazione delle recenti Universiadi nel capoluogo campano sottolineano che lo sport è una perenne metafora nella quotidianità lavorativa.

Se, come gli atleti, si ha una mentalità rivolta al raggiungimento degli obiettivi. Personali e di gruppo.

Avete messo a disposizione un’intera nave, la Lirica, della vostra flotta, per gli atleti.

Una sorta di villaggio galleggiante a disposizione della manifestazione.

Come le è venuta questa idea e come vi siete incastrati nel gioco di squadra per la riuscita dell’evento?

Non era la prima volta che mettevamo a disposizione una nostra nave per aumentare la ricettività alberghiera durante manifestazioni sportive di questo calibro.

Da Barcellona ’92, fino a Rio de Janeiro 2016 MSC è sempre stata presente con la sua flotta.

Non mancheremo a Tokyo 2020 e nemmeno in Qatar 2022 in occasione dei Mondiali di Calcio.

Non ti nascondo che l’occasione delle Universiadi nella mia Napoli è stata per me particolarmente emozionante, non solo perché abbiamo potuto aiutare la mia splendida città, ma anche perché personalmente ho partecipato e vinto le Universiadi del 1987 sempre nel capoluogo campano.

E un ricorso storico che non poteva essere trascurato dando il nostro appoggio alla riuscita della manifestazione.

Abbiamo partecipato, e vinto, al bando e conseguentemente collaborato con tutte le istituzioni ed autorità coinvolte nel buon esito della competizione.

È stato davvero un ottimo lavoro di squadra.

La Lirica

Immagino sia stata un’esperienza del tutto nuova anche per l’intero equipaggio della nave.

Come si gestiscono circa 1500 persone, abituate ed oliate a tutt’altro metodo di lavoro, rispetto al prestare servizio ancorati in porto per due settimane?

Per l’equipaggio della Lirica si, per MSC no.

Grazie alla nostra esperienza, abbiamo ormai un protocollo interno che ci permette di essere performanti anche per questo tipo di manifestazioni che non sono quelle di una normale crociera con le navi in navigazione.

Il ruolo che ricopre all’interno di MSC Crociere ha insito spiccate doti di leadership.

Che tipo di Boss si sente di essere?

Come si gestisce la sottile linea che differenzia e definisce un capo che guida da quello che controlla? Si può essere, secondo la sua esperienza, entrambi?

 Un leader non impone il suo essere, ma è il gruppo, la squadra che te la riconosce.

Ha senso infatti, solo se sono gli altri a riconoscerti le competenze e le capacità.

In generale mi sento di essere un leader focalizzato sugli obiettivi e attento agli aspetti umani.

Cerco sempre di trasmettere un’atmosfera positiva e propositiva.

Non mi piace controllare, ma piuttosto guidare. Prima di tutto però direi ispirare.

Un leader deve essere abile nel tirare fuori il meglio dalle persone per farle esprimere secondo le loro reali potenzialità. Capire le loro attitudini, che sono un mix di skills necessarie al lavoro che devono svolgere per raggiungere gli obiettivi comuni.

Il controllo non fa proprio parte delle competenze di un leader. Verrebbero a mancare quelle condizioni di fiducia reciproca necessarie perché tutti si possano sentire in un ambiente di lavoro sicuro che li faccia esprimere al meglio.

 A proposito di Boss, lei ha partecipato nel 2016 alla trasmissione televisiva Boss in Incognito.

Immagino che un’esperienza del genere l’abbia cambiata. Se non altro il tastare con mano il punto di vista altrui accresce la capacità di empatia. Il capire gli stati d’animo di altre persone ha portato dei benefici nel suo modo di vedere il lavoro e di guardare i suoi collaboratori?

Ha ripensato a quando da atleta si sentiva non capito dagli allenatori?

L’esperienza televisiva prima di tutto ci ha dato l’opportunità di far capire al pubblico che ci ha seguito quanto sia importante il lavoro di squadra in un’organizzazione come la nostra. Questa visibilità ci ha dato la possibilità di far comprendere ai nostri clienti quanto lavoro “dietro le quinte” sia necessario per far sì che loro possano vivere la loro vacanza in totale relax e benessere.

Personalmente mi ha fatto capire ancor più di quanto mi aspettassi lo spirito di appartenenza che hanno le persone che lavorano per MSC. Ho capito quanto siano le loro emozioni, il loro stato d’animo, il loro benessere psico-fisico, a determinare il successo o l’insuccesso delle nostre crociere più delle loro competenze tecniche.

Il nostro lavoro vive dello stretto contatto con il consumatore. Tante volte un sorriso fa tutta la differenza per far star bene un cliente.

Ho compreso l’importanza di dover trattare coi guanti i miei collaboratori, in modo che anche loro abbiano lo stesso riguardo verso i nostri clienti.

Una non capacità di empatia crea frustrazione. Da atleta, da allenatore, cosi come nella vita privata e professionale.

Sono sempre stato attento a questo aspetto ed ho sempre reso al meglio quando si crea empatia con le persone con cui collaboro.

Durante le riprese di Boss In Incognito

Quanto lo sport, il canottaggio, ha inciso nel riuscire ad essere Country Manager Italia? E quanto le persone che ha incontrato nel percorso hanno inciso nella sua formazione?

Ci parla del legame col suo primo allenatore al Circolo SavoiaMarcello James?

Dopo la famiglia, lo sport ed il canottaggio sono stati gli elementi più importanti per la mia formazione.

I valori, tra i 14 ed i 20 anni, che ti dà lo sport sono quelli che ti porti dietro per tutta la vita. Non c’è università o Master che tenga.

Onestà, rispetto degli avversari, costanza, determinazione, spirito di squadra, il non cercare mai alibi sono pilastri come essere umano.

Se fossimo una Nazione di sportivi, saremmo una Nazione migliore.

Marcello James è stato per me più un maestro di vita che un allenatore di canottaggio. Più che essere focalizzato nella gestione tecnica, era un educatore alla vita su come essere uomo.

Devo molto anche ad Aldo Calì, allenatore della Canottieri Napoli, che mi ha aiutato a mettermi al collo quelle medaglie frutto dell’intenso impegno quotidiano.

Di fatto la sua carriera sportiva è stata breve ma intensa.

Un bronzo ai Mondiali Junior nel 1985 e la partecipazione alle Olimpiadi di Seul ’88 sono i risultati più brillanti.

Nel 1989 inizia gli studi in Economia e Commercio all’Università Federico II di Napoli.

Come per ogni atleta, le Olimpiadi sono il sogno che si realizza. È stata un’esperienza fantastica anche se il risultato non è stato dei migliori a livello sportivo. Ma a livello umano è incredibile quanto l’atmosfera che si respira in quei quindici giorni ti segni indelebilmente la pelle e l’anima. Ti porta ad aprire la mente e diventare cittadino del mondo. È un’esperienza formativa.

Ho portato avanti di pari passo i miei studi in Economia e Commercio e gli allenamenti per il quadriennio che avrebbe portato alle Olimpiadi di Barcellona ’92.

Nel 1989 sono riuscito ad entrare in finale ai Mondiali Assoluti di Bled arrivando sesto in quattro con.

Leonardo Massa in quattro con con i colori delle Fiamme Gialle

Arriviamo al 1994.

“Ero a un bivio: scegliere la carriera sportiva, ( faceva parte del Gruppo Sportivo delle Fiamme Gialle ) o mollare tutto e ricominciare daccapo “.

Sarebbe stato impossibile conciliare le due cose? Quale il motivo di questa scelta drastica? Si è mai pentito di aver mollato il remo così presto?

Dopo la laurea ho avuto la fortuna ed il merito di poter subito intraprendere la carriera lavorativa presso una grande e solida realtà.

Ho solamente e semplicemente preso la decisione che nella vita bisogna fare le cose con il giusto tempo, secondo i propri obiettivi.

Entrare nel mondo del lavoro a 27 anni non era tardi ma non era neanche presto. Ho preso una decisione drastica perché non volevo solamente lavorare, ma volevo eccellere in quel che mi apprestavo a fare.

Ho dirottato così tutte le mie energie che mettevo nel canottaggio, nel lavoro. Sempre con lo stesso livello di entusiasmo

Cosa l’ha portata a frequentare l’EMBA in Bocconi quando aveva già avviata una brillante carriera lavorativa?

Ho intrapreso questa esperienza con la maturità di chi ha già alle spalle una carriera lavorativa importante e ricca di soddisfazioni con la consapevolezza che nella vita sia necessario non smettere mai di imparare.

Ho avuto il supporto della famiglia in questa mia decisione. Mi hanno permesso di dedicare parte del mio tempo allo studio togliendolo a loro. Senza questo sostegno non avrei avuto la forza di portare a termine anche questo percorso.

 Non tutti gli atleti hanno il suo carattere. Molti di essi, anche con una carriera sportiva più lunga, hanno il problema del cosa fare una volta che smettono. Vuoi per età, per infortuni o semplicemente perché non hanno più il fuoco dentro, devono affrontare la realtà del mondo del lavoro senza un percorso di crescita e formativo adeguato. Come si accompagna uno sportivo in questo percorso? Lei è uno dei pochi che è uscito dal Gruppo Militare sportivo decidendo di puntare tutto su sé stesso. Premettendo che per fortuna ci sono i Gruppi Militari nello sport italiano, quale e come si potrebbe concretizzare un’alternativa?

Sento molto spesso che sia una questione di mentalità, senza poi indagare cosa realmente voglia dire.

Sento parlare di modello anglosassone, senza che nessuno poi ne capisca a fondo il metodo e gli obiettivi.

Gli atleti di alto livello hanno una breve carriera sportiva di alto livello. La sensazione è che fino a quando sono performanti,  siano a tutto diritto parte integrante degli ingranaggi della e per la Federazione di riferimento, ma non appena mollano il colpo e non sono più necessari per il sistema che tende, giustamente, al risultato, diventino superflui e “cestinabili”.

Il concetto di mentalità lo tradurrei in “fatto culturale”.

Innanzitutto si dovrebbe fare più sport, fin dalle elementari. I benefici dello Sport sono molteplici e come detto precedentemente, i valori che lo Sport riesce a  trasmettere saranno quelli della vita.

In questo senso se la scuola dell’obbligo esiste per educare e crescere i futuri cittadini, non si può trascurare lo Sport e le sue qualità formative.

Il modello anglosassone si traduce in responsabilità sociale con un lavoro di sensibilizzazione enorme per far sì che lo Sport sia fondamentale nel percorso di crescita di ogni cittadino.

Significa responsabilizzare ogni singolo atleta, già durante la carriera sportiva, sulla necessità di pensare al dopo attività agonistica. Vuol dire informare gli atleti durante i lunghi raduni che li vede impegnati con la Nazionale delle possibilità lavorative.

Vuol dire banalmente, nei lunghi periodi di riposo durante i raduni, organizzare dei corsi di lingua straniera.

Vuol dire coinvolgere le aziende nel percorso di valorizzazione delle competenze che gli atleti interiorizzano durante la loro carriera sportiva in base al percorso di studi che hanno deciso di intraprendere.

Costruire dei percorsi per i ragazzi secondo le loro attitudini è un lavoro non da poco, ma necessario. Dovrebbe essere un obbligo da parte delle Società, delle Federazioni che gli fanno da chioccia durante la loro carriera sportiva, in modo da avere degli atleti pronti ad affrontare la realtà lavorativa.

Creare una collaborazione con le aziende proponendo degli stage per gli atleti e far capire che avere un atleta in azienda è un valore aggiunto.

Le aziende avrebbero la possibilità di avere una risorsa formata al loro interno con le skills di un atleta di alto livello. Avendo creato un senso di appartenenza molto solido che per un’azienda è fondamentale.

I gruppi Militari sono tutt’oggi fondamentali per lo Sport italiano, ma troppe volte gli stessi atleti si ritrovano a svolgere dei compiti e lavori, una volta smesso con lo Sport, che non hanno mai né sognato né pensato di voler fare.

Una società che non crea le condizioni agli atleti di alto livello di poter raggiungere i propri obiettivi anche extra sportivi, troppi i casi di ragazzi con tanto talento che hanno deciso di abbandonare l’attività sportiva, perché non riuscivano a conciliarla con l’intenso impegno richiesto negli studi o nel lavoro, non può dirsi tale.

Difficile farle un ultima domanda ma, che consiglio avrebbe voluto avere quando ha iniziato a remare e che non ha avuto?

Più che un consiglio, avrei certamente voluto avere quelle opportunità che oggi sono molto più conosciute e raggiungibili. Parlo della possibilità di andare a studiare nelle Università anglosassoni. Avrei sicuramente una formazione in termini manageriali che non ho oggi.

 

La capacità di fare un passo indietro non è da tutti.

I grandi successi sono frutto della continua volontà di mettersi in discussione per migliorarsi.

Cambiare strada, muoversi su nuove vie, abbandonando ogni remora e ogni falso consiglio del tuo orgoglio, sono facoltà di chi non ha paura di riconoscere i suoi errori, eliminarli, trovando sempre nuove direzioni verso cui puntare.

Per il continuo successo personale e di conseguenza delle persone che con lui collaborano.

Parlare al telefono per questa intervista con Leonardo Massa è stato faticoso, ma di sicuro arricchente.

La sensazione è di esserne usciti migliorati.

Se me lo chiedete, non ve lo confermerò mai, ma dalla telefonata a questa pubblicazione, sono passati circa due mesi. Due mesi per metabolizzare il tutto e per mettere nero su bianco ogni singolo concetto senza perderne neanche una virgola. A dimostrazione di quanto Leonardo non abbia mai parlato a caso ma con estrema attenzione alle parole ed ai concetti che voleva esprimere.

Grazie davvero.

 

Edoardo Verzotti

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