Sport, Studio e Lavoro – Parola alle Aziende

Dante Luisetti, una vita lavorativa alla guida di aziende dal forte input sportivo. Una sinergia con gli atleti, che lo ha portato a conoscerli molto bene non solo dal punto di vista sportivo, ma soprattutto umano e caratteriale.

Dante ci parla di come gli sportivi abbiano una marcia in più che potrebbe fare la differenza anche nel mondo del lavoro e ci suggerisce come questo potenziale potrebbe essere veicolato per non andare disperso o non sfruttato. Dagli atleti e dalle aziende stesse.

Ciao Dante. Parliamo di sport. Quali hai provato nella tua vita? A che livello sei arrivato?

Ho giocato a basket a livelli competitivi sino a 23 anni, ruolo play/guardia e vinto qualche campionato.

Grazie ad un grande amico ho poi avuto una parentesi con i motori, durata 3/4 anni nei rally, navigatore, a livello nazionale e qualche gara internazionale.

Poi è iniziata la voglia di spingere da solo e la bicicletta è diventata il mio sport, qui con la MTB ho corso molte gare, in particolare marathon dove qualche soddisfazione è arrivata.

Cito infine l’alpinismo, passione pura per la montagna nata grazie a mio padre, che pratico e ho sempre praticato sin da bambino, anche se molti non lo reputano un vero e proprio sport in realtà raggiungere una cima regala soddisfazioni enormi, come prendere una medaglia.

Attualmente riscopri il ruolo di Country Manager Italia della CRAFT Sportwear del gruppo New Wave. In precedenza sei stato Marketing Director sia della Enervit che della Shimano.

Tutte aziende che aiutano gli atleti a migliorare le loro performance sportive. Che siano integratori alimentari, biciclette o abbigliamento sportivo, hai avuto sempre un legame diretto con gli atleti. 

Che tipo di rapporto hai creato con loro? 

Con alcuni il rapporto era strettamente professionale, con altri si instaurava un rapporto anche di amicizia.

Cito ad esempio i rapporti super professionali che ho avuto con il Milan o la Nazionale Italiana di Rugby e per contro i rapporti di amicizia vera con Alberto Barovier, prodiere di Luna Rossa in Coppa America o Aldo Sassi, capo della corazzata Mapei nel ciclismo o con Mario Meregalli, team leader di Yamaha Moto GP o con Valentina Greggio, campionessa del Mondo di SpeedSki.

Dante con Valentina Greggio

I risultati, per gli atleti, passano anche dallo staff che gli ruota attorno. Ti sei mai sentito parte integrante di una vittoria? In quale caso?

Sempre, ho avuto la fortuna di lavorare solo con A Brand, che sono necessari e integranti all’atleta per la performance.

Un inciso che ho imparato dagli atleti di alto livello : le vittorie arrivano solo se ogni particolare è al massimo. Preparazione, materiali, determinazione, alimentazione, ognuno di questi rappresenta una percentuale per arrivare al 100% e anche lo 0,% (zero virgola %) è necessario; solo chi cura lo 0,% può aspirare alla vittoria.

Avendo la responsabilità dei risultati commerciali delle aziende che guidi, quando crei un team cosa cerchi?

Collaboratori resilienti che con me condividano l’obiettivo individuato.

Pensi che un atleta di alto livello parta avvantaggiato dovessi fargli un colloquio di lavoro?

Con me sicuramente, so bene quanto possa essere costato ad un atleta di livello il raggiungimento e soprattutto il mantenimento dei target che si era prefissato.

Con qualche altro mio collega le cose non funzionano allo stesso modo, l’atleta è a volte visto come un privilegiato che ha goduto del suo talento per divertirsi. Ma non è così, penso che un talento che non si allena non vada da nessuna parte.

In base alla tua esperienza di manager a diretto contatto con lo sport e le sue dinamiche, come si potrebbero aiutare gli atleti, già durante la loro carriera sportiva, a non sentirsi persi una volta smesso? 

Rispondo fuori tema e provocatoriamente. Come può pensare una società di calcio che un suo ex giocatore possa essere un dirigente illuminato e preparato ? Preparato lo sei se hai studiato per quella posizione e ti sei introdotto passo dopo passo con un crescere progressivo di responsabilità.

Studiare, ecco la risposta per me, non necessariamente università o master, ma anche solo atleti di livello che parlano un buon livello di inglese.

Ed ecco che le Federazioni potrebbero proporre nel corso dei lunghi ritiri momenti di studio, informazione e formazione con docenti del mondo reale del lavoro.

Non tutti hanno le capacità di programmarsi la vita step by step, con il rischio di ritrovarsi a trent’anni, se non oltre, senza sapere cosa fare una volta tolta la quotidianità sportiva. 

Come si può evitare questo smarrimento, che purtroppo, in alcuni casi, ha portato ex atleti di alto livello ad elevati livelli di depressione, portandogli addirittura a pensare di togliersi la vita?

Un atleta ha sempre bisogno dell’allenatore anche all’apice della sua carriera, è abituato a confrontarsi e a credere in esso.

Lo stesso atleta potrebbe aver bisogno di un tutor per confrontarsi, parlare e prepararsi per quello che lo aspetta a fine carriera. Sapendo prima che il tutor “c’è sempre”, proprio come il suo allenatore.

Hai un figlio che pratica canottaggio con discreti risultati a livello Nazionale. Con lui sei sempre molto diretto e sincero.

Che genitore sei? Qual’è il miglior consiglio che gli hai dato o che gli daresti?

Sono un genitore fortunato in crescita con Lorenzo.

Gli consiglio di studiare e di allenarsi con la stessa volontà, ho l’impressione che spesso prevarichi l’allenamento ma poi sono smentito dal tabellone dei voti del liceo.

Con il figlio Lorenzo.

Conoscevi il canottaggio prima che lo praticasse Lorenzo? In che modo è differente dagli altri sport? 

Si lo conoscevo grazie a Franco Sancassani, 9 volte campione del mondo, che ho sponsorizzato e seguito per la Enervit.

Il canottaggio è differente perché è uno sport singolo ma di squadra, nessuno può nascondersi ma sempre deve dare il massimo in sinergia con il proprio equipaggio.

Ho visto vincere Lorenzo solo con compagni di barca, “insieme”, dentro e fuori la gara.

Edoardo Verzotti 

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