Sport, Studio e Lavoro – Parola alle Università – Intervista a Enzo Baglieri

L’Università ha un ruolo determinante nel percorso di crescita personale e formativo di ognuno di noi.

La possibilità di studiare ed essere, allo stesso tempo, atleta di alto livello, dovrebbe essere la normalità in circostanze in cui tutti i protagonisti siano consapevoli del potenziale in gioco.

Tra il dire e il fare, c’è anche l’Università Bocconi di Milano, che nel gennaio 2020 inaugurerà il nuovo Campus, che ha come obiettivo di attrarre i nuovi talenti dello sport, mettendoli a disposizione quello che diventerà il più grande impianto sportivo multifunzionale di Milano.

Enzo Baglieri ci spiega come gli Atenei anglosassoni sembrano ancora irraggiungibili, per tradizione, mentalità e consapevolezza del valore degli studenti-atleti, ma come la volontà per colmare questo gap ci sia. E non è poco.

Buongiorno Professore, ciao Enzo. 

Il tuo curriculum accademico è rimarchevole.

Una carriera come ricercatore e professore di Operations and Technology Management presso l’Università Bocconi e oggi, dopo vari incarichi, Direttore dei programmi EMBA della SDA Bocconi School of Management.

Qual è stato il percorso che ti ha permesso questi risultati in un contesto competitivo e internazionale come l’Università Bocconi?

Difficile riassumere in una ricetta, ma direi che fondamentalmente gli ingredienti essenziali sono l’impegno, la passione e la tenacia. L’impegno è quello che ho preso con i miei mentori, con gli studenti, con i miei colleghi il giorno che mi hanno offerto questa opportunità professionale. Credo che sia sempre nostro dovere dare il massimo e io questo cerco di dare tutti i giorni. La passione è imprescindibile. Ho amato questo lavoro e amo la mia Università. E se ami, non puoi non farlo con passione. Infine la tenacia. Ho avuto i miei momenti bui, ne ho e certamente ne avrò ancora. Non è nemmeno detto che raggiunga tutti i miei obiettivi professionali. E’ fondamentale però non desistere mai. Potrò non farcela, ma almeno avrò tentato al mio meglio!

Come Rowinteam, ogni volta che abbiamo la possibilità di confrontarci con i ragazzi delle scuole superiori che, come noi ai nostri tempi, vivono la loro età in base alla società in cui stanno diventando grandi e come noi, sembrano essere il capro espiatorio della sensazione di fallimento in cui si vive, ci rendiamo conto invece di avere di fronte dei ragazzi molto brillanti che han solo bisogno di sentire un po’ di fiducia attorno a sé.

Che opinione ti sei fatto dei giovani di oggi in relazione anche alla tua esperienza a contatto con i professionisti che seguono il corso EMBA?

Io ho una figlia sedicenne, quindi sfondi una porta aperta. In breve posso dirti che percepisco verso di lei e in generale verso gli adolescenti le stesse tensioni che la generazione precedente alla mia percepiva con noi. Ci sono ragazzi a modo e brillanti e ragazzi che si perderanno inevitabilmente.  Come ai miei tempi, la probabilità di sbagliare percorso nella vita dipende dai modelli che ti vengono presentati. La grande differenza rispetto al passato è il ruolo pervasivo dei social network come “educatore invisibile”. A questo non siamo ancora preparati, lo confesso. Dal punto di vista professionali, questi giovani ci daranno moltissime soddisfazioni, perché pensano e agiscono in un modo diverso e molto più efficace rispetto ai loro predecessori. Il vero problema che mi pongo è come gestire il loro inserimento in un contesto professionale pensato invece con schemi “antichi”. Ce la possiamo fare, comunque!

Personalmente, ti abbiamo conosciuto grazie al canottaggio.
Che rapporto hai con lo sport e quali attinenze trovi con il mondo del lavoro?

Premetto che sono stato e sono un atleta mediocre. Eppure devo al canottaggio moltissimo. È uno sport in cui ho trovato la possibilità, con impegno, passione e tenacia, di ottenere risultati che, seppur mediocri rispetto ai campioni con cui ho avuto l’onore di vogare e che ho conosciuto nella vita, sono per me straordinari. E quindi mi ha ripagato delle fatiche. Di tante lezioni che il canottaggio mi ha insegnato, una la riporto sempre ai miei studenti, specie quelli dei percorsi EMBA, persone adulte, con vite personali e professionali anche appaganti, ma molto impegnative, che decidono per quasi due anni di tornare a studiare e verso la fine del percorso spesso sono tentati di mollare. Mostro loro qualche filmato di canottaggio e poi dico che “le gare si vincono negli ultimi 250 metri!”. Credo sia forse uno degli insegnamenti che più ricordano di oltre 27 discipline e oltre 600 ore di aula!!

Enzo Baglieri premiato dall’Olimpionico Rossano Galtarossa.

Hai conosciuto diversi atleti di alto livello nella tua carriera. Sono sicuramente dotati di quelle competenze, acquisite grazie al loro percorso sportivo, che sono fondamentali per le aziende.

Quali sono e come rendere consapevoli gli atleti stessi di avere queste abilità e come valorizzarle una volta terminata l’attività sportiva?

Questa è una domanda molto difficile. Io penso che dovrebbe essere doveroso, anche da parte delle organizzazioni federali e delle società sportive, indirizzare e forzare gli atleti a progettare un percorso professionale proprio mentre sono al culmine delle loro carriere sportive. Un campione ha sempre doti morali, umane e un potenziale tecnico che nel mondo del lavoro possono essere preziose, ma non ha spesso le minime competenze per inserirsi in questo ambito.

Le aziende sono a conoscenza di questo potenziale per lo più inespresso?

Si. Anche perché in Italia, diversamente dagli USA e altri Paesi, lo sport non si pratica nella scuola superiore e nelle università. All’estero se sei un atleta forte, sei anche in una Università di prestigio. In Italia, specie negli sport non professionistici, spesso l’unico sbocco sono i corpi sportivi militari e assimilabili. È a mio giudizio una grave mancanza del nostro sistema educativo.

Un’università come la Bocconi come potrebbe inserirsi in questo processo di matching?

Abbiamo introdotto delle borse di studio per merito sportivo. Ci mancavano però le infrastrutture per essere “attraenti” per i grandi talenti dello sport. Nel nuovo Campus, a gennaio 2020, ci sarà pertanto, il più grande impianto sportivo multifunzionale di Milano e credo tra i maggiori d’Europa. Ci proviamo, insomma, ma onestamente devo dirti che siamo ancora lontani da essere comparabili su questo fronte con i nostri benchmark internazionali.

Il Campus Bocconi una volta completato.

Cosa manca, se non fossero solo le risorse, alle Università Italiane, per diventare come Oxford, Cambridge o le Università degli Stati Uniti dove è normale coniugare sport e studio, visto oltretutto come un valore aggiunto nel percorso di crescita personale?

Non è un problema delle Università, ma della gestione dello sport nel nostro Paese. Non ritengo sia un problema nemmeno di risorse, Occorrerebbe una revisione generale del modello organizzativo. Bisognerebbe portare lo Sport, tutto, sotto l’Istruzione e creare un meccanismo circolare tra scuola-sport-economia. In assenza di questo, come ben sai, finiamo per avere risorse solo in poche discipline e tanti talenti che si perdono in tutte le altre.

Oxford University

Da professore, quale consiglio daresti ad un giovane al primo giorno di qualsiasi avventura in cui si sta buttando?

Di avere coraggio, un pizzico di incoscienza e ascoltare tanto i più “anziani”. Magari non hanno più il coraggio e l’incoscienza, ma dai loro errori e dalle loro esperienze si può imparare sempre. E infine, di metterci il cuore.

Grazie Enzo, sei sempre molto prezioso.

Grazie a voi, sono onorato!

di Edoardo Verzotti

La possibilità di studiare ed essere, allo stesso tempo, atleta di alto livello, dovrebbe essere la normalità in circostanze in cui tutti i protagonisti siano consapevoli del potenziale in gioco.

Tra il dire e il fare, c’è anche l’Università Bocconi di Milano, che nel gennaio 2020 inaugurerà il nuovo Campus, che ha come obiettivo di attrarre i nuovi talenti dello sport, mettendoli a disposizione quello che diventerà il più grande impianto sportivo multifunzionale di Milano.

Enzo Baglieri ci spiega come gli Atenei anglosassoni sembrano ancora irraggiungibili, per tradizione, mentalità e consapevolezza del valore degli studenti-atleti, ma come la volontà per colmare questo gap ci sia. E non è poco.

Buongiorno Professore, ciao Enzo. 

Il tuo curriculum accademico è rimarchevole.

Una carriera come ricercatore e professore di Operations and Technology Management presso l’Università Bocconi e oggi, dopo vari incarichi, Direttore dei programmi EMBA della SDA Bocconi School of Management.

Qual è stato il percorso che ti ha permesso questi risultati in un contesto competitivo e internazionale come l’Università Bocconi?

Difficile riassumere in una ricetta, ma direi che fondamentalmente gli ingredienti essenziali sono l’impegno, la passione e la tenacia. L’impegno è quello che ho preso con i miei mentori, con gli studenti, con i miei colleghi il giorno che mi hanno offerto questa opportunità professionale. Credo che sia sempre nostro dovere dare il massimo e io questo cerco di dare tutti i giorni. La passione è imprescindibile. Ho amato questo lavoro e amo la mia Università. E se ami, non puoi non farlo con passione. Infine la tenacia. Ho avuto i miei momenti bui, ne ho e certamente ne avrò ancora. Non è nemmeno detto che raggiunga tutti i miei obiettivi professionali. E’ fondamentale però non desistere mai. Potrò non farcela, ma almeno avrò tentato al mio meglio!

Come Rowinteam, ogni volta che abbiamo la possibilità di confrontarci con i ragazzi delle scuole superiori che, come noi ai nostri tempi, vivono la loro età in base alla società in cui stanno diventando grandi e come noi, sembrano essere il capro espiatorio della sensazione di fallimento in cui si vive, ci rendiamo conto invece di avere di fronte dei ragazzi molto brillanti che han solo bisogno di sentire un po’ di fiducia attorno a sé.

Che opinione ti sei fatto dei giovani di oggi in relazione anche alla tua esperienza a contatto con i professionisti che seguono il corso EMBA?

Io ho una figlia sedicenne, quindi sfondi una porta aperta. In breve posso dirti che percepisco verso di lei e in generale verso gli adolescenti le stesse tensioni che la generazione precedente alla mia percepiva con noi. Ci sono ragazzi a modo e brillanti e ragazzi che si perderanno inevitabilmente.  Come ai miei tempi, la probabilità di sbagliare percorso nella vita dipende dai modelli che ti vengono presentati. La grande differenza rispetto al passato è il ruolo pervasivo dei social network come “educatore invisibile”. A questo non siamo ancora preparati, lo confesso. Dal punto di vista professionali, questi giovani ci daranno moltissime soddisfazioni, perché pensano e agiscono in un modo diverso e molto più efficace rispetto ai loro predecessori. Il vero problema che mi pongo è come gestire il loro inserimento in un contesto professionale pensato invece con schemi “antichi”. Ce la possiamo fare, comunque!

Personalmente, ti abbiamo conosciuto grazie al canottaggio.
Che rapporto hai con lo sport e quali attinenze trovi con il mondo del lavoro?

Premetto che sono stato e sono un atleta mediocre. Eppure devo al canottaggio moltissimo. È uno sport in cui ho trovato la possibilità, con impegno, passione e tenacia, di ottenere risultati che, seppur mediocri rispetto ai campioni con cui ho avuto l’onore di vogare e che ho conosciuto nella vita, sono per me straordinari. E quindi mi ha ripagato delle fatiche. Di tante lezioni che il canottaggio mi ha insegnato, una la riporto sempre ai miei studenti, specie quelli dei percorsi EMBA, persone adulte, con vite personali e professionali anche appaganti, ma molto impegnative, che decidono per quasi due anni di tornare a studiare e verso la fine del percorso spesso sono tentati di mollare. Mostro loro qualche filmato di canottaggio e poi dico che “le gare si vincono negli ultimi 250 metri!”. Credo sia forse uno degli insegnamenti che più ricordano di oltre 27 discipline e oltre 600 ore di aula!!

Enzo Baglieri premiato dall’Olimpionico Rossano Galtarossa.

Hai conosciuto diversi atleti di alto livello nella tua carriera. Sono sicuramente dotati di quelle competenze, acquisite grazie al loro percorso sportivo, che sono fondamentali per le aziende.

Quali sono e come rendere consapevoli gli atleti stessi di avere queste abilità e come valorizzarle una volta terminata l’attività sportiva?

Questa è una domanda molto difficile. Io penso che dovrebbe essere doveroso, anche da parte delle organizzazioni federali e delle società sportive, indirizzare e forzare gli atleti a progettare un percorso professionale proprio mentre sono al culmine delle loro carriere sportive. Un campione ha sempre doti morali, umane e un potenziale tecnico che nel mondo del lavoro possono essere preziose, ma non ha spesso le minime competenze per inserirsi in questo ambito.

Le aziende sono a conoscenza di questo potenziale per lo più inespresso?

Si. Anche perché in Italia, diversamente dagli USA e altri Paesi, lo sport non si pratica nella scuola superiore e nelle università. All’estero se sei un atleta forte, sei anche in una Università di prestigio. In Italia, specie negli sport non professionistici, spesso l’unico sbocco sono i corpi sportivi militari e assimilabili. È a mio giudizio una grave mancanza del nostro sistema educativo.

Un’università come la Bocconi come potrebbe inserirsi in questo processo di matching?

Abbiamo introdotto delle borse di studio per merito sportivo. Ci mancavano però le infrastrutture per essere “attraenti” per i grandi talenti dello sport. Nel nuovo Campus, a gennaio 2020, ci sarà pertanto, il più grande impianto sportivo multifunzionale di Milano e credo tra i maggiori d’Europa. Ci proviamo, insomma, ma onestamente devo dirti che siamo ancora lontani da essere comparabili su questo fronte con i nostri benchmark internazionali.

Il Campus Bocconi una volta completato.

Cosa manca, se non fossero solo le risorse, alle Università Italiane, per diventare come Oxford, Cambridge o le Università degli Stati Uniti dove è normale coniugare sport e studio, visto oltretutto come un valore aggiunto nel percorso di crescita personale?

Non è un problema delle Università, ma della gestione dello sport nel nostro Paese. Non ritengo sia un problema nemmeno di risorse, Occorrerebbe una revisione generale del modello organizzativo. Bisognerebbe portare lo Sport, tutto, sotto l’Istruzione e creare un meccanismo circolare tra scuola-sport-economia. In assenza di questo, come ben sai, finiamo per avere risorse solo in poche discipline e tanti talenti che si perdono in tutte le altre.

Oxford University

Da professore, quale consiglio daresti ad un giovane al primo giorno di qualsiasi avventura in cui si sta buttando?

Di avere coraggio, un pizzico di incoscienza e ascoltare tanto i più “anziani”. Magari non hanno più il coraggio e l’incoscienza, ma dai loro errori e dalle loro esperienze si può imparare sempre. E infine, di metterci il cuore.

Grazie Enzo, sei sempre molto prezioso.

Grazie a voi, sono onorato!

di Edoardo Verzotti

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